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Città

Diritto e dovere alla CITTA’

In non luoghi non esistono.
Esiste la non memoria, esiste la paura per ciò che non comprendiamo, esiste il terrore per i nostri ricordi e quindi dei futuri possibili.
Esiste il conformismo che confonde la contemporaneità con l’attualità.
Così passiamo anni a occuparci di surrogati di verità; è comodo e facile.
Ma mortale.
Il Conformista guarda la Realtà come uno spettatore.
Pensa di non essere colpevole dei crimini dei quali è protagonista.
L’architettura dell’attualità è pervasa di conformismo, e l’occultamento della verità è la sua pratica più diffusa.
La verità è la città.
La verità è che la città ha un’anima.
Quest’anima è eterna e in continua trasformazione.
E’ immortale e caduca.
L’architettura deve “fare anima”. Deve rinnovare l’anima della città.
L’architettura deve andare in profondità. Deve vedere oltre che guardare.
Deve riflettere, come il cervello e lo specchio.
L’anima sta nella memoria, nella felicità e nel dolore della memoria.
(“Trieste e una donna”).
L’anima sta nello sguardo. Come gli enigmi.
L’enigma della paura: da oltre un secolo, da Simmel, a Benjamin fino a Virilio, leggiamo la città come luogo della paura e della barbarie, che non sta più fuori dalle mura, nella natura oscura, ma sta oltre la strada, nella casa di fronte, visibile dalla finestra sul cortile.
L’unico modo di sconfiggere la paura è l’esatto contrario dell’idea di architettura e urbanistica come scienze esatte, degli edifici e delle città come macchine.
Se l’Architettura che noi amiamo e pratichiamo è un corpo fisico e sensuale, la città che adoriamo è l’anima di quel corpo.

Marc Augé, Nonluoghi. Introduzione a un’antropologia della surmodernità, Elèuthera, 2009
G.Simmel. La metropoli e la vita dello spirito. Roma, Armando, 1995
W.Benjamin, “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica” Torino, Einaudi, 1966.
Paul Virilio, Città panico. Raffaello Cortina Editore, 2004.

Gianluca Peluffo
Per 5+1AA SRL

aprile 2014-09-14

 

Architettura Pubblica

La nostra è un’Architettura Pubblica che vorremmo condividere e NON comunicare; questa che Vi inviamo cerca di essere una sintesi e NON una semplificazione.
Grazie per l’attenzione che vorrete concederci.

Architettura Pubblica
Generosità

Architettura Pubblica
Corpo

Architettura Pubblica
Meraviglia

GENEROSITA’.
(Condivisione)

Officine Grandi Riparazioni, Torino
La “Piazza Popolare.
Il tema è quello della memoria popolare attraverso la sovrapposizione della memoria dell’aia, del cortile urbano, della festa popolare, dell’infiorata, del sabato pomeriggio alla Società di Mutuo Soccorso: il progetto li sovrappone non mantenendo riferimenti diretti, ma creando dei “correlativi oggettivi” (il colore, il suolo, l’illuminazione, e quindi lo spazio,) capaci di restituire con generosità, la sensazione di appartenenza ad una umanità, ad una storia, e di essere all’interno di un percorso continuo e ininterrotto rispetto a questa umanità e a questa storia. La condizione di temporaneità e di basso costo, insieme alle caratteristiche anche opache e talvolta cupe dello stato di fatto, hanno reso le nostre scelte necessariamente semplici, sintetiche e dotate di una espressività immediata.

Questo intervento, così temporaneo e povero nei materiali, è per noi un manifesto di quello che consideriamo il sentimento fondativo del fare architettura, la generosità.
Il nostro operare avviene attraverso “sentimenti operativi”.
La nostra convinzione è che ogni intervento di architettura sia un intervento portatore di significato pubblico, e che lo scopo di ogni committente, di ogni progettista, che si applichino ad una villa, ad una residenza urbana, ad uno spazio pubblico, ad un Museo, ad una infrastruttura, alla sede di una istituzione pubblica, sia quello di donare, di portare un dono.
Il sentimento della Generosità, che proviamo a fare divenire un concetto, è considerato come tema e modalità di creazione dell’architettura: ogni architettura è pubblica ed esprime generosità, in modo da rendere Bellezza e Piacere sentimenti condivisibili.
L’architettura può essere luogo di “correlativi oggettivi” in quanto messa in forma di eventi spaziali percettivi capaci di rendere condivisibili sensazioni, emozioni e sentimenti e il dialogo allora è il chiasmo fra questi eventi spaziali e sentimenti collettivi condivisibili.
La Bellezza come luogo del dialogo è la creazione di architetture con queste caratteristiche di generosità.
La Bellezza è il luogo in cui sentimenti intimi e personali entrano in contatto con l’emozione collettiva.
E’ così possibile pensare che l’architettura (pubblica ma non solo) contribuisca a costruire una “religione laica” attraverso questo atto di generosità e condivisione sentimentale.
Questo implica ovviamente che la generosità non veicoli solo sentimenti positivi, nel senso che la creazione di piacere e meraviglia può portare su di se la condivisione di un dramma (Fosse Ardeatine, Cretto di Gibellina, Monumento Caduti Vietnam…):  l’oppressione delle Fosse Ardeatine, la sua brutalità arcaica contrapposta alla forza della semplicità geometrica, agisce sul sentimento del peso, del dolore profondo, del dramma totale e del suo riscatto legato già solo al fatto di esistere e di essere messo in quella forma.

Sequenza:
Officine Grandi Riparazioni, Torino: la Piazza Popolare come appartenenza ad una umanità e ad una storia
Sviluppo sistema Fiera, Milano: l’oro come bellezza condivisibile.
Nuova Sede del Ministero degli Interni, Roma: le rampe interne come piacere e rispetto della cosa pubblica
Ricostruzione residenziale, San Giuliano di Puglia: il colore e l’articolazione volumetrica come restituzione di intimità ed appartenenza.
Ludoteca e Biblioteca, Casarza Ligure: la parola, la poesia come costruzione e dono dal mondo infantile

CORPO
(Dialogo, Polifonia)

Officine Grandi Riparazioni, Torino
Gli spazi interni comuni
Un intervento in forma di dialogo, fatto di cicatrici non sfiguranti, di medicazioni buone (acciaio, plastica, cartongesso, tutti bianchi) e di illuminazione alternativamente povera e festosa, oppure disegnata e scherzosa.
Le mura, opache, ferite e romantiche, lasciate a vista ad esprimere la verità di un corpo antico, quello del Lavoro, su cui è fondata la nostra Repubblica, e quello dell’infrastruttura eroica, della costruzione del Paese e della sua Rinascita. Nulla di celebrativo-funereo: il bianco come elemento di contrasto della poesia già esistente, e fonte di luce e allegria.

Il nostro corpo non è nato per il monologo, ma per le differenze e per l’incontro di quelle differenze.
La polifonia è il destino del nostro corpo.
Luce Irigaray lo definisce come “corpo sessuato” determinante la soggettività e capace di divenire il punto da cui ripartire per “incontrare l’altro”.
Rimanere fedeli alla realtà significa accogliere tutti gli eventi con la propria fisicità.
Così, come architetti, perseguiamo l’idea di un’Architettura che sia “Corpo”, che cerchi il piacere, che abbia fisicità, sensualità, soggettività ed unicità per potersi relazionare e per poter evitare il monologo: una architettura come “corpo sessuato”, portatrice quindi di incontro/dialogo/polifonia/visione/realtà.

Qui crediamo si annidi anche una questione legata all’idea di giustizia, di “architettura giusta”, o di “città giusta”; architetture e città che rendano possibile l’incontro e la “fusione” fra desiderio ed etica: la “fusione degli orizzonti”, obiettivo primario dell’architettura, è la creazione di condizioni sentimentali e fisiche di dialogo e di relazione, allo scopo di condividere la conoscenza.
E’ per questo che noi parliamo di “architettura pubblica” come ricerca e atteggiamento primario: qualsiasi sia il committente, la funzione, il luogo, il tempo, la condizione, il progetto di un edificio è la creazione di un “luogo pubblico”, quindi rappresentazione e identificazione di una cultura, e di incontro di questa cultura con l’altro.
Lo spazio pubblico, l’edificio pubblico tornano ad essere portatori di singolarità, di sentimento e di piacere per poter essere realmente democratici e socializzanti.

Sequenza:
Officine Grandi Riparazioni, Torino: Gli Spazi interni comuni: il dialogo fra un eroico corpo ferito ed una idea di festa
Frigoriferi Milanesi, Milano: la gola di collegamento verticale, la luce, la sensualità tattile delle cornici ceramiche
Palazzo del ghiaccio, Milano: la grande struttura bianca, uno scheletro, una grande cassa toracica, un grande respiro.
Sviluppo sistema Fiera, Milano: il grade vuoto rosso come ferita e dichiarazione di un cuore interno pulsante alla scala umana, il grande atrio bianco, gola, esofago, spina dorsale.
Palazzo del Cinema, Venezia Lido: la grande vetrata ad ala di libellula come ricerca di piacere e di appartenenza

MERAVIGLIA
(Realtà)

Officine Grandi Riparazioni, Torino
La Piazza Aulica
L’ingresso al complesso delle OGR è caratterizzato da una “Piazza Italiana”, una “Piazza Aulica”, che ha lo scopo, immediatamente, di fornire una percezione di stupore e straneamento: il grande suolo rosso, il mistero della grande freccia che torna inspiegabilmente su se stessa (omaggio ad Osvaldo Licini), il banco di acciughe in ceramica realizzato da Danilo Trogu, come nature morte di De Pisis,  ad indicare una direzione.
L’esperienza della sorpresa ha qui lo scopo di riportare alla percezione della realtà del luogo, alla sua monumentalità operosa, ed alla realtà delle celebrazioni della Repubblica, attraverso il percorso di mimesi, straneamento e conoscenza.

La meraviglia, lo stupore sono gli elementi propri della poetica italiana e del suo territorio.
La creazione di meraviglia e di stupore da parte dell’architettura, non ha niente  a che fare con la ricerca di consenso e di spettacolarità contemporanea.
Più esattamente la creazione di meraviglia è lo strumento per raggiungere la conoscenza del reale.
Ecco lo scopo. Ritornare a vedere la realtà.
E, per quanto la realtà del territorio, delle città, degli uomini sia difficile e dolorosa, il dovere dell’architettura è di non rinunciare a immaginare un futuro. Migliore. Anche romanticamente.
La negazione del reale, l’atteggiamento che da blasè diviene cinico, proprio dell’architettura contemporanea, dev’essere sconfitto. Questa battaglia, etica e culturale, sarà combattuta attraverso un’architettura che sia invenzione specifica, che nasca con grande libertà dal Contesto e dalla Storia.
Il suo linguaggio è libero. Il suo linguaggio è contemporaneo.
C’è una cosa che dobbiamo ammettere: non si può avere un’altra infanzia oltre a quella che si è vissuta.
La nostra generazione di architetti ha negli occhi il dolore della violenza sul territorio e del suo oblio. Non può credere che lo Sviluppo coincida con il Progresso.
Può però credere che l’unica identità possibile sia quella plurale che caratterizza il nostro paese, dove non è mai stata immaginabile un’uniformità di linguaggio.
Può credere che questo sia il ruolo del nostro Paese nella Modernità e nella Contemporaneità: il lavoro sull’identità plurima e specifica, usando la possibilità dell’architettura italiana contemporanea di essere realista nelle modalità del cinema di Fellini, Antonioni e Ferreri o della fotografia di Luigi Ghirri.
Capace d’invenzione nello specifico attraverso edifici che siano macchine della percezione, che usino lo Stupore e la Meraviglia come strumenti di conoscenza.

Gianluca Peluffo
Per 5+1AA
Luglio 2011