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Time

Il Tempo (e il buio)

“In un pianeta globalizzato, l’idea della multiversatilità del tempo è chiave nella progettazione di situazioni di libertà che sfuggano al radar dei poteri egemonizzanti”
Gabriele Guercio

Simultaneità di tempi diversi. Mistero. Enigma. Anacronismo. “Immagine dialettica” come percezione della storia come continuo inizio. Così, come due mocciosi, dichiariamo la volontà di ripartire verso una nuova idea di architettura proprio accettando l’impossibilità di “partire da zero”, di fare “tabula rasa”, ma bensì traducendo storia e passato in memoria, poetica se possibile, se non in profezia.
Così, se l’architettura “è un enigma che si spiega con il cuore”, e il fegato, proprio perché il cuore, e il fegato, lo hanno tutti (e questo non vale necessariamente per il cervello), questo enigma è un anacronismo costruito della compresenza di oggetti fisici, materici e poetici, di elementi, di caratteri, capaci di innescare una nuova partenza, un inizio, continuo.
Questo rilancio, moccioso o infantile appunto, è l’unico modo per guardare, vedere quel buio che è proprio di ogni contemporaneità, quell’incomprensibile che lo caratterizza e lo rende stimolante e dialogante con il passato ed il futuro.
Edifici in forma di enigmi, rappresentano allora la strada della costruzione, per il recupero del rapporto con la realtà del contemporaneo, per non arrendersi al presente e alla cronaca, per cattiva (e oggi lo è) o buona che sia.
L’enigma è necessariamente una forma di dialogo non pacificante: domande incomprensibili, risposte possibili, dubbio che ti accompagna.
L’enigma è contemplabile, e permette di vedere.
L’enigma è un chiasma, ottico e letterario: è l’incrociarsi dei nervi e delle parole che permette la visione e la percezione.
Del resto, il tentativo di montare insieme temporalità, spazialità e sensualità differenti, appartiene nello specifico alla tradizione italiana. Il riferimento al Beato Angelico ed alla sua Annunciazione, per la scelta dell’oro come colore di bellezza condivisibile, è anche un riferimento alla capacità (nel nostro caso al tentativo) di contenere in una opera più temporalità, più sensi, più “temporali e schiarite”.
Per questo, l’oro non è scelta di Ricchezza ( nel nostro presente quanto mai incondivisible e non ridistribuibile) ma di Bellezza, come costruzione di un dialogo “cuore a cuore”, “fegato a fegato”, “viso a viso”.
D’altra parte, la compresenza di spazi e tempi differenti è propriamente cinematografica, nei termini di creazione di meccanismi narrativi e di stupore, capaci di supportare una storia, una visione di umanità, la costruzione di un ricordo condivisibile nel futuro.
In questo senso, la ricerca attraverso l’architettura di un “nuovo inizio”, implica anche la costruzione di edifici capaci, proprio per la loro enigmaticità, di entrare in risonanza e di propagare questioni, dubbi, sensazioni.
Così. il superamento del rapporto con la Storia ed il passato proprio del Post Moderno, forse può trovare la propria forza in un’idea di compresenza dei tempi e degli spazi che sia poetica ed enigmatica, mai pedagogica o didattica, ma sempre emozionale, catartica e di “incantamento”. Che è il meccanismo più proprio della visione come messa in relazione dell’interiorità con il mondo.
Come architetti, usiamo una piccola e debole pila per illuminare il passato, ed il riflesso che causiamo, illumina il nostro presente.

L’architettura come corpo sessuato dissenziente: costituita di matericità fisica e di contemporaneità di tempo e spazio, è dissenziente“non tanto perché si schiera contro una situazione o degli antagonisti, quanto perché è la paradossale apparizione di qualcosa di estraneo alle coordinate temporali in cui appare. La sua virtuale dislocazione nel e del tempo è una potente forma di dissenso.
Crea percezioni, concetti e affetti che forzano una reinvenzione e trasformazione del reale.”.

Gianluca Peluffo
Luglio/agosto 2010